Lo scopo è quello di
sollecitare e solleticare la curiosità e la critica su argomenti
fondamentali per tutti gli esseri umani, le cui versioni ufficiali, specificamente
quella cattolica, non dicono intenzionalmente tutta la verità. Parallelamente,
poichè “su ciò di cui non si può parlare bisogna tacere” eviterò d’ingravidare
inutilmente questo spazio.
In particolare il mio interesse è rivolto a tre tematiche: (i) con quale probabilità il
dio canuto, creatore e giudice ineffabile di tutte le cose, cioè quello a cui la mag-
gior parte della gente crede e si affida, pregandolo, può esistere; (ii) secondo
quali leggi fisiche la coscienza dovrebbe sopravvivere alla morte corporea; (iii)
quanto c’è di vero (e falso) in tutto quello che la Chiesa cattolica e, in senso più
lato, le principali religioni monoteiste, Ebraismo, Islamismo, Cristianesimo,
affermano ufficialmente.
Molti sono (stati) gli autori che si sono imbattuti sul tema del divino e troppo
pochi gli atei dichiarati che si sono preparati sufficientemente per sopportare il
peso della loro condizione.
Come troppi sono i cattolici che sentenziano su questo o quell’autore, spesso
senza averne letto l’opera e/o senza una preparazione adeguata, credendo nella
esistenza di un dio creatore come atto di fede, ponendosi poche domande, non
troppo scomode e manifestando tutta la loro intransigenza, tipica della categoria,
quando altri pongono dubbi o danno risposte plausibili e, talvolta, addirittura
certe.
Mi vengono in mente, fra gli autori italiani, due nomi molto criticati, anche se
per motivi diversi, che stimo per preparazione e coraggio e che consiglio come
alternativa al pensiero ufficiale, ancora dilagante: Vito Mancuso, il teologo "fuori
le mura" e Piergiorgio Odifreddi, il matematico impertinente, che posso
annoverare tra i nomi di spicco conosciuti personalmente con i quali scambio più
proficuamente idee ed ipotesi.
Purtroppo il provincialismo dilaga e pochissimi sono in grado di discernere i
modi dai contenuti e non tutti comprendono che il carattere graffiante di taluni
è l’unico modo per tener testa ad una controparte opportunista di tale potere e
potenza, e che la verità non sempre è comoda. Bisogna necessariamente recupe-
rare lo squilibrio, facendo attenzione a non cadere dalla padella nella brace (in
mediu stat virtus) considerando che l’epoca corrente potrebbe consentirlo.
Credere nell’esistenza di un dio (e non in un dio, che significherebbe già ammet-
terne implicitamente l’esistenza) è rassicurante; ma lo è anche credere nella realtà
del magico amico elfo, se sono un bimbo solo al buio, in mezzo ad un bosco;
purtroppo non è sufficiente se nel bosco c’è un malintenzionato.
E poichè la Chiesa non mi dice la verità neanche quando la richiedo espressa-
mente e nemmeno sulle cose ovvie ed acclarate, cercherò di scoprirle da me
aggiornando, chi lo vorrà, su ciò che avrò imparato.
“Di quel gran numero di regole di cui la logica è composta,
pensai che ne
avrei avuto abbastanza di queste quattro (evidenza, analisi, sintesi, enu-
merazione, ndr) purchè prendessi la ferma e costante risoluzione di non
venir meno neppure una volta alla loro osservanza.
La prima era di non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi
esser tale con evidenza: di evitare, cioè, accuratamente la precipitazione
e la prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi nulla di più di
quello che si presentava così chiaramente e distintamente alla mia intelli-
genza da escludere ogni possibilità di dubbio. (...)
Rigettare come interamente falso tutto ciò in cui possa immaginare il
minimo dubbio, per vedere se, così facendo, alla fine, resti qualcosa di
assolutamente indubitabile.”
(da Discorso sul metodo, parte II, Laterza, Bari 1960, Cartesio)